Un vecchio detto della comunicazione recita:
è così facile parlare difficile.
È un principio che per un odontoiatra è importantissimo.
Partiamo da una premessa: comunicare un’informazione presuppone la presenza di due persone e di un mezzo verbale, scritto o simbolico. Semplificando, comunicare è trasmettere qualcosa a qualcuno in qualche modo.
Noi tutti sappiamo che le cose non sono così semplici e che la più semplice delle conversazioni può essere travisata, compresa male o addirittura manipolata. Perché questo accade?
Le ragioni sono sostanzialmente tre:
1) Non è detto che i concetti che per noi hanno significato siano altrettanto chiari al nostro interlocutore
2) Nella comunicazione c’è una componente emozionale che influenza la percezione dell’informazione
3) Le capacità di comunicare dipendono da individuo a individuo (si può imparare a comunicare e parlare con efficacia)
Ora applichiamo questi 3 aspetti a una normale conversazione
tra un dentista e un suo paziente: otterremo la tipica situazione da studio dentistico, dove l’odontoiatra cerca di spiegare a un paziente spaventato
perché deve eseguire una procedura (magari costosa o dolorosa).
Non sapendo bene come affrontare la paura del paziente e non volendo (anche giustamente) dover giustificare le proprie scelte cliniche, il dentista inizia a utilizzare termini medici, magari con una certa rigidità formale.
Altro nemico il tempo, spesso sa di avere già un’altro paziente accomodato in poltrona e non vuole farsi attendere, anche questa “fretta” non lo aiuta nella comunicazione e il paziente lo avverte.
Si viene così a creare una frattura tra medico e paziente che è alla base di moltissimi problemi, dalla mancata fidelizzazione alla scarsa aderenza alle cure, per arrivare – nei casi peggiori – al rifiuto aperto.
Questo accade molto più spesso di quanto non si creda.
Esiste però una categoria di odontoiatri che quasi sempre si comporta in maniera diversa:
il dentista pediatrico. Egli sa perfettamente che il bambino ha paura e sa altrettanto bene che tranquillizzare il piccolo avrà un effetto diretto sulla facilità d’intervento e sulla soddisfazione del genitore, che spesso attende con apprensione.
Fatalità,
i dentisti pediatri sono quelli che vantano i più alti tassi di fidelizzazione della pazientela (e di passaparola).
Linguaggio Verbale, Paraverbale e Non Verbale (Prossemica)
Proviamo ora ad analizzare il primo caso: l’odontoiatra deve iniettare della mepivacaina per anestetizzare la zona prima della cura canalare. Sa che il paziente è agitato e non ama gli aghi; non una vera e propria fobia, quanto un forte disagio.
Il dentista vede il nervosismo e con tono basso, concentrato e un’espressione impassibile dietro alla mascherina dice: “adesso le inietto un po di anestesia e procedo alla cura canalare”.
Non lo fa con cattiveria: ritiene che sia il modo migliore per trasmettere competenza, sicurezza di sé. L’effetto però è disastroso: il paziente inizia ad avere davvero paura perchè potrebbe pensare:”..
.perchè solo un po di anestesia e non tutta?”
Questo è l’effetto di una comunicazione sbagliata tre volte, a livello verbale (le parole), paraverbale (il tono) e non verbale (l’espressione e la postura): il paziente ha bisogno di sentirsi rassicurato, di avere di fronte un essere umano al quale affidarsi.
Ora proviamo a cambiare le parole, il tono e i gesti: il dentista dice, con voce rassicurante, fermo e parole ben scandite: “Signor Rossi” (da notare l’utilizzo del nome) “adesso le faccio l’anestesia così sia io che lei ci rilassiamo”, con un sorriso tranquillo che si legge negli occhi.
Il risultato sarà assai diverso: forse il signor Rossi avrà comunque paura, ma
la comunicazione del dentista è riuscita a contenere il disagio.
La riconoscenza alla base del passaparola
Inutile far finta di nulla: la vostra è una professione di responsabilità e, come se non bastasse, soffre di un grave pregiudizio perché emotivamente correlata all’esperienza del
dolore.
Un dolore che quasi sempre è dovuto all’incuria del paziente stesso, che si approccia allo studio dentistico con timore e – come se non bastasse – con diffidenza, perché deve pagare le cure di tasca propria nella maggior parte dei casi (sappiamo tutti quanto sia limitata l’assistenza odontoiatrica prevista dal SSN).
Una corretta comunicazione è in grado di trasformare completamente la percezione del paziente, e può essere applicata anche ai contesti non clinici con gli stessi effetti positivi.
Utilizzare il giusto linguaggio significa mettere a proprio agio le persone, che rispondono nel modo più naturale possibile: con riconoscenza, lo stesso sentimento che è alla base del passaparola.
L’esperienza descritta è tratta dal nostro corso dedicato alla comunicazione e alla vendita, tenuto da
Simone Giacobbe, consulente Serimedical.
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