Ci sono concetti importantissimi dell’attività quotidiana di un’impresa, come il
margine di contribuzione, meno noti delle più semplici nozioni di costi e ricavi.
Sappiamo bene che il
professionista odontoiatrico va considerato a tutti gli effetti un imprenditore dal punto di vista della gestione delle risorse.
Anche i dentisti hanno infatti un capitale investito, rappresentato da apparecchiature e macchinari un capitale circolante costituito da crediti e da debiti di fornitura e una gestione, che deve rispondere a caratteri di economicità e auto sostentamento reddituale e finanziario, fatta di costi e di ricavi che devono essere in grado di remunerare adeguatamente il capitale investito.
La
gestione di uno studio dentistico si basa su equilibri talvolta precari dovuti a margini di guadagno non sempre elevati. Uno dei parametri più rilevanti da tenere in considerazione nella preparazione dei preventivi è proprio il
margine di contribuzione, raramente usato nell’impresa odontoiatrica. Eppure le aziende di qualunque settore produttivo considerano il margine di contribuzione un
criterio fondamentale nel controllo di gestione dell’attività.
Le domande che un dentista deve porsi
Partiamo da alcune domande che qualsiasi dentista, nel corso della propria attività, si trova a porsi: qual è la tariffa giusta da applicare per una data prestazione? Quanto sconto posso fare al mio paziente? Posso sostenere un investimento consistente per l’acquisto di un nuovo macchinario, un nuovo microscopio, nuove poltrone o un bancone per la sala d’attesa? Quanto devo retribuire i miei collaboratori?
Tutte considerazioni che un odontoiatra deve fare, onde evitare di compiere operazioni azzardate e correre rischi economici. Qui entra in gioco, nell’ambito del
controllo di gestione, il famoso margine di contribuzione delle prestazioni e dei preventivi. Sarà questo lo strumento che potrà guidare il dentista nella corretta direzione.
Il margine di contribuzione, in sostanza,
è quel parametro che permette al titolare di uno studio odontoiatrico di trasformare un rischio puro in un rischio calcolato, di valutare la
convenienza economica di una prestazione, o di un insieme di prestazioni, a una certa tariffa.
Premessa: costi fissi e costi variabili
Prima di entrare nella specifica utilità del margine di contribuzione, dobbiamo chiarire la differenza tra costi fissi e variabili.
- I
costi fissi sono quelli sostenuti dallo studio che, a fine anno, sono più o meno sempre gli stessi, indipendentemente dal numero di pazienti e dalle prestazioni eseguite. Sono i costi che ci sono sempre, come il personale dipendente, le assicurazioni, il commercialista…
- I
costi variabili, invece, dipendono dal numero e dalla tipologia di prestazioni eseguite: sono i costi per i fornitori (laboratori e materiali di consumo) e anche i compensi dei collaboratori con partita iva, quali odontoiatri o igienisti.
Margine di contribuzione: di primo e secondo livello
Il margine di contribuzione è utile al dentista imprenditore per definire qual è la tariffa più bassa alla quale la prestazione, o un insieme di prestazioni, risulta ancora conveniente economicamente, cioè genera un certo margine di guadagno.
Ci sono due tipologie di margine di contribuzione, di primo e di secondo livello. Entrambi sono importanti e utili nella gestione di uno studio odontoiatrico, anche se in modi differenti:
-
Il margine di contribuzione di primo livello: è dato dalla differenza tra i ricavi, di una prestazione o di tutte le prestazioni eseguite e i costi variabili necessari per produrre tali ricavi. Se la differenza ha valore positivo allora la prestazione è vantaggiosa per lo studio.
-
Il margine di contribuzione di secondo livello: risulta dalla differenza tra i ricavi, di un insieme di prestazioni o da tutte le prestazioni dello studio in un anno, e i costi variabili meno i costi diretti necessari per produrli.
Questo indicatore ha un
valore soprattutto strategico: aiuta a fare migliori analisi di convenienza economica sulle singole aree cliniche dello studio ed è utile per la pianificazione di investimenti onerosi.